La casa (un monolocale) era proprio in Statale! Alcuni fortunati concorrenti hanno avuto la fortuna di entrare…
Pronti per una agguerrita battaglia all’interno della casa, ciascuno di loro farà di tutto per arrivare alla fine di questa esperienza e potersi finalmente permettere un affitto.
Un affitto sempre meno alla portata di noi studenti come si può capire dal seguente documento che abbiamo scritto:
GLI STUDENTI E LE LORO NECESSITA’ ABITATIVA
QUAL E’ LA DOMANDA DI POSTI LETTO DEGLI UNIVERSITARI MILANESI?
COME RISPONDONO LE ISTITUZIONI UNIVERSITARIE E PUBBLICHE?
QUALI SONO I COSTI DEGLI AFFITTI IN CITTA’?
QUALI FATTORI LI RENDONO COSI ALTI?
Abbiamo iniziato ad interessarci al tema degli alloggi per gli studenti universitari perchè riteniamo che oggi sia uno degli ostacoli maggiori al diritto allo studio.
Per noi lo studente non è né un utente, né un cliente, né un soggetto da formare per un mero inserimento professionale, ma un individuo che esercita il diritto all’accesso dei saperi in modo critico.
La libertà nell’accedere a questo diritto, è garantita solo dalla creazione delle condizioni che rendano il suo diritto allo studio reale e non solo formale.
L’inchiesta più recente e più interessante è quella presentata dall’osservatorio “Meglio Milano” nel 2003, e nonostante siano ormai passati cinque anni dall’elaborazione della ricerca, pur essendoci state modificazioni nei dati, non ci sono stati sviluppi rivoluzionari che ne inficino la validità e le conclusioni.
Usando la tripartizione classica fuori sede, pendolare e in sede cerchiamo di spiegare meglio quanto si diceva sopra:
Gli studenti fuori sede (circa 43.200) sono convenzionalmente quelli che risiedono a oltre un’ora e mezza dalla città sede dell’università, il campione è vario e abbiamo dati sia sul 70% (circa 30.200) che decide di cercarsi una casa a Milano, sia sul 30% (circa 13.000) che decide di iscriversi all’università rinunciando a frequentarla per evitare forme di pendolarismo estremo che li costringerebbe a oltre tre ore di viaggio. Resta una parte di utenti potenziali rappresentata da studenti interessati all’offerta formativa milanese, magari provenienti da altre regioni, che rinunciano o ripiegano su altre scelte a causa dei costi che comporterebbe il trasferimento a Milano.
I pendolari possono essere divisi in due gruppi quelli di prima cerchia (circa 42.000), distanti non più di mezz’ora da Milano e i pendolari di seconda cerchia (circa 55.900) che risiedono tra i 30 minuti e l’ora e mezza da Milano. Tra i pendolari di seconda cerchia si trasferiscono a Milano solo il 3,6% mentre ben il 36% auspicherebbe farlo.
La domanda potenziale degli studenti in sede viene di solito esclusa da questo tipo di ricerche, tralasciando la insopprimibile esigenza di autonomizzarsi dalle famiglie che tutti provano una volta superata l’adolescenza. I giovani del Bel Paese vengono spesso bollati come mammoni rispetto ai coetanei europei, senza riflettere abbastanza sulle cause principali di questo fenomeno, ovvero i prezzi stellari dei posti letto, la mancanza di lavoro e il lavoro precario.
La domanda potenziale così descritta arriva a interessare oltre 50.000 studenti universitari, ai quali andrebbero aggiunti tutti quelli che rientrano nelle categorie su cui mancano studi o che proprio non vengono considerati come potenziali fruitori di posti letto.
Per rispondere alle esigenze degli studenti esistono gli ISU.
Gli ISU sono enti per il diritto allo studio che vengono finanziati da stato, regioni, tasse ad hoc (sul diritto allo studio) e privati; si occupano di borse di studio, ristorazione, servizi vari (prestiti libri, ricerca alloggi etc.) ma sopratutto della realizzazione e gestione di residenze universitarie.
A Milano ci sono 5 ISU differenti: Statale-Bicocca, Politecnico, Iulm, Cattolica e Bocconi, che ad oggi offrono complessivamente 3499 posti letto*, abbastanza per coprire appena l’8% degli studenti fuori sede. Inoltre bisogna sottolineare che il costo stesso dei posti letto degli ISU non sempre è popolare (vedi ISU Bocconi e Cattolica) e che la distribuzione dei posti letto tra i vari atenei non è proporzionale al numero degli studenti iscritti ma alle possibilità dei diversi ISU (ad esempio l’ISU Bocconi dispone di oltre 1250 posti letto cioè più di un terzo dell’offerta totale).
Non solo l’offerta di posti letto degli ISU risulta estremamente carente, ma non riescono a garantire nemmeno un buon servizio di ricerca alloggi se è vero che oltre il 50% degli studenti trova casa grazie al passaparola e il 16% rivolgendosi ad agenzie immobiliari.
L’offerta di posti letto va infine integrata con quella dei collegi privati e delle fondazioni che nel complesso offrono circa 2550 posti letto.
Per tutti gli altri studenti che cercano casa l’unica alternativa è il mercato privato, con prezzi in continua crescita, spesso in condizioni di sovraffollamento e quasi sempre in nero o con subaffitto da parte di uno degli inquilini.
Si stima che il 31,2% degli studenti viva in doppia condividendo l’appartamento con altri ancora e che addirittura il 31,7% viva in doppia o in tripla condividendo l’appartamento con almeno altre due persone oltre ai suoi compagni di stanza. Gli studenti accettano forme di condivisione così al limite appunto per ridurre le spese, che comunque cinque anni fa si attestavano tra i 300 e 500 euro (anche per una stanza doppia), e che scendevano sotto queste cifre solo quando si condivideva la casa con 4 o 5 persone. Peraltro in questi anni il costo degli affitti ha continuato a crescere aggravando questi dati già preoccupanti.
Ma perchè il mercato immobiliare ha questi prezzi esagerati?
Lo sviluppo delle politiche sulla casa è strettamente legato allo sviluppo della società.
Nel periodo del boom economico, quando Milano era un polo industriale di prima importanza e c’era necessità che accorresse manodopera per sostenerne lo sviluppo industriale, si programmarono interventi di edilizia popolare che, associati ad una politica e ad una legislazione che controllava la crescita del costo degli affitti, portarono molti, anche di bassa estrazione sociale, ad avere una casa a prezzi adeguati alle loro finanze.
Con l’avvento della post-industrializzazione il “mercato del mattone” divenne uno dei maggiori settori di speculazione e nel corso degli anni anche le leggi cambiarono.
Oggi ci troviamo di fronte a una legislazione che lascia lievitare liberamente i costi degli affitti, senza più vincolarli ad un reale valore della casa né alla possibilità di stipulare forme contrattuali tra locatari e locatori estremamente varie, per cui è difficile far valere i propri diritti nei casi in cui ci siano comportamenti scorretti o illeciti da parte dei padroni di casa.
Ad aggravare la situazione ci hanno pensato le giunte comunali, che hanno inesorabilmente decretato la fine della costruzione di edilizia pubblica e la svendita ai privati del patrimonio di appartamenti del Comune e dell’Aler, costringendo tutte le quote di mercato che usufruivano di questi alloggi ad entrare nel mercato privato determinando un aumento della domanda e un conseguente incremento dei prezzi. Quello che appare è un quadro fosco in cui a farla da padroni sono i grandi gruppi immobiliari, che ormai influiscono su questo meccanismo tanto da dirigere le scelte dei vari assessori all’urbanistica (vedi il caso Fiera o l’area intorno a Garibaldi).
Le uniche iniziative che vengono presentate per tutelare le fasce a reddito più basso si trasformano a volte in burle dal sapore amaro. Come ad esempio alcuni progetti di edilizia integrata dove aree comunali venivano cedute a poco (e spesso con sgravi sugli oneri di urbanizzazione) a privati per la costruzione di complessi multifunzionali in cui delle parti, garantite da convenzioni, erano destinate a scopo abitativo con costi moderati. Una volta finite le costruzioni e ottenuto il risultato finanziario le convenzioni vengono dimenticate senza che il comune faccia gli opportuni controlli per esigerne il rispetto.
Di fronte a questa incredibile situazione abbiamo l’obbligo di denunciare e rivendicare il diritto alla casa come diritto allo studio, chiedendo che gli ISU facciano politiche comuni che non favoriscano una università piuttosto che un’altra ma il corpo studentesco nel suo complesso e che ci offrano dei servizi degni o per lo meno all’altezza degli altri paesi europei. Batterci per la salvaguardia e l’incremento del patrimonio pubblico di edilizia popolare, contro lo strapotere delle grandi società immobiliari e per legare i costi degli affitti ai costi reali delle case.
*dati ricavati attraverso i bandi dei vari ISU, nell’inchiesta di 5 anni fa erano 2903 posti letto.
carina carina!! alla prossima vi porto la colazione!
geraldina
sai quanto compagni guardano il GF?
e quanti negherebbero sotto tortura di averlo fatto?
😉
cmq bella iniziativa
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Il GRANDE FARDELLO ricomincia?
Non per me…io non ho visto nemmeno la prima edizione!
ciao
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